Buchi neri, una nuova ricerca conferma la teoria formulata da Stephen Hawking
Ecco lo studio che dimostra come la teoria di Stephen Hawking basata anche sulla teoria generale della relatività sarebbe corretta
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Secondo la ricerca americana la teoria formulata da Stephen Hawking sarebbe corretta
Un nuovo studio sui buchi neri avrebbe dimostrato che la correttezza della teoria formulata da Stephen Hawking secondo la quale è impossibile che l'aera della superficie di un buco nero possa ridursi nel tempo. La ricerca si è basata sull'utilizzo delle increspature nello spazio-tempo causate dalla fusione di due buchi neri distanti. Hawking trasse la propria convinzione in base alla teoria della relatività generale di Einstein. Si tratta di una regola che riguarda soprattutto la fisica e che dimostrerebbe che il tempo scorre in una direzione particolare.
La legge della termodinamica
Si tratta della seconda legge della termodinamica, la quale afferma che l'entropia, o disordine, di un sistema chiuso deve sempre aumentare. Essendo l'entropia di un buco nero è proporzionale alla sua superficie, questa dovrebbe sempre aumentare nel corso del tempo. La conferma di questa teoria implicherebbe che le proprietà dei buchi neri possa diventare indizi fondamentali delle leggi nascoste che governano l'universo. In realtà il famoso fisico avrebbe espresso due teorie che potrebbero apparentemente contaddirsi. La legge dell'area in fatti potrebbe contrapporsi ad un'altra legge formulata sempre da Hawking in base alla quale i buchi neri dovrebbero evaporare su una scala temporale estremamente lunga.
La spiegazione degli autori della ricerca
Maximiliano Isi (uno degli autori principali dello studio pubblicato sul sito WordsSideKick), ha spiegato che la “superficie di un buco nero non può essere ridotta, in base alla seconda legge della termodinamica”. Anche la massa così come l'energia risulterebbero conservate e non subirebbero riduzioni. Lo stesso Isi ha spiegato che i buchi neri hanno un'entropia proporzionale alla loro area. La superficie di un buco nero è definita da un confine sferico noto come orizzonte degli eventi: oltre questo punto nulla, nemmeno la luce, può sfuggire alla sua potente attrazione gravitazionale. Secondo l'interpretazione di Hawking della relatività generale, poiché la superficie di un buco nero aumenta con la sua massa e poiché nessun oggetto lanciato all'interno può uscire, la sua superficie non può diminuire. In ogni caso la massa e la rotazione di un buco nero faranno si che il risultato finale sia un'area ancora più grande.
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Cosa è stato scoperto
Per testare questa teoria, i ricercatori hanno analizzato le onde gravitazionali, o increspature nel tessuto dello spazio-tempo, create 1,3 miliardi di anni fa da due colossi buchi neri mentre si avvicinavano a spirale ad alta velocità. Si tratta delle prime onde mai rilevate nel 2015 dall'Advanced Laser Interferometer Gravitational-Wave Observatory (LIGO), un raggio laser lungo 3.000 chilometri in grado di rilevare le minime distorsioni nello spazio-tempo da come alterano il suo percorso lunghezza. I ricercatori hanno dimostrato che le onde gravitazionali aumentano di ampiezza sempre di più fino a quando alla fine si immergono l'una nell'altra, creando una grande esplosione di onde. In tal modo si crea un nuovo buco nero che si trova in questo stato eccitato, che puoi quindi studiare analizzando come sta vibrando. La superficie del buco nero appena creato risulterà, secondo quanto hanno evidenziato i ricercatori, maggiore di quella dei due iniziali combinati, confermando la legge dell'area di Hawking. La teoria della relatività generale di Einstein, da cui deriva la legge dell'area, è cruciale per capire i meccanismi con cui si formano i buchi neri e non solo.
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