Creato un buco nero in laboratorio: ecco cosa si è scoperto
Porre fine all'inconciliabilità tra teoria generale della relatività e meccanica quantistica potrebbe condurci verso la comprensione di fenomeni astrofisici complessi
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La nuova ricerca potrebbe aprire la strada verso la comprensione delle dinamiche della formazione dei buchi neri
Una nuova ricerca pubblicata su Physical Review Research potrebbe aprire nuovi orizzonti e nuovi scenari nello studio dei buchi neri. Gli scienziati che hanno preso parte a questo studio, impiegando una catena di atomi in fila indiana per simulare l'orizzonte degli eventi di un buco nero, ha osservato l'equivalente di quella che viene tecnicamente definita la radiazione di Hawking: particelle nate da disturbi nelle fluttuazioni quantistiche causate dalla rottura del buco nero nello spaziotempo. Lo studio potrebbe risolvere l'enigma dell'inconciliabilità tra la teoria generale della relatività e la meccanica quantistica, per descrivere l'Universo. Un modo per armonizzare le due teorie in modo tale che possano essere applicate in maniera universale e spiegarci cosa accade davvero nell'universo. Ed è proprio qui che entrano in gioco i buchi neri, forse gli oggetti più difficili da definire e da studiare. Questi oggetti massicci sono così incredibilmente densi che, entro una certa distanza dal centro di massa del buco nero, nessuna velocità nell'Universo è sufficiente riuscire a fuggirne: nemmeno la velocità della luce.
La radiazione di Hawking
Quella distanza, che varia a seconda della massa del buco nero, è chiamata orizzonte degli eventi. Una volta che un oggetto attraversa il suo confine possiamo solo immaginare cosa succede, poiché non è possibile riuscire a ricavare informazioni sul suo destino. Ma nel 1974, Stephen Hawking propose la tesi in base alla quale le interruzioni delle fluttuazioni quantistiche causate dall'orizzonte degli eventi risulterebbero in un tipo di radiazione molto simile alla radiazione termica. Se questa radiazione di Hawking esiste, è ancora troppo debole per essere rilevata, tuttavia possiamo trovarci nelle condizioni, secondo quanto emerso da questo studio, di poter ricreare le proprietà creando le stesse condizioni del buco nero in ambienti di laboratorio.
Cosa si è scoperto
Il team di scienziati guidato da Lotte Mertens dell'Università di Amsterdam nei Paesi Bassi ha fatto qualcosa di nuovo, rispetto a ciò che è stato fatto per studiare i buchi neri. E' stata creata una catena unidimensionale di atomi in grado di fare da percorso per gli elettroni per “saltare" da una posizione all'altra. Regolando la facilità con cui può verificarsi questo salto, i fisici potrebbero far svanire alcune proprietà, creando di fatto una sorta di orizzonte degli eventi che interferisce con la natura ondulatoria degli elettroni. In base alle condizioni create da questo falso orizzonte degli eventi, si è osservato un aumento della temperatura che corrispondeva alle aspettative teoriche di un sistema di buchi neri equivalente, ma solo quando una parte della catena si estendeva oltre l'orizzonte degli eventi. Da queste osservazioni è possibile desumere che l'entanglement di particelle a cavallo dell'orizzonte degli eventi possa risultare determinante per generare la radiazione di Hawking. CONTINUA A LEGGERE…
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Si tratta di un passo importante ma non ancora decisivo
La radiazione di Hawking simulata era solo termica per un certo intervallo di ampiezze di salto, e in simulazioni che iniziavano imitando una sorta di spaziotempo considerato “piatto". Ciò suggerisce che la radiazione di Hawking può essere termica solo in una serie di situazioni e quando c'è un cambiamento nella curvatura dello spazio-tempo dovuto alla gravità. Finalmente è stato possibile ricreare le condizioni di una radiazione di Hawking in un ambiente che non è influenzato dalle dinamiche selvagge della formazione di un buco nero. Ovviamente si tratta di un primo passo che necessiterà di ulteriori studi per comprenderne significato e fondamento.
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