Le telecamere a infrarossi della sonda Giunone che studia il pianeta Giove hanno individuato la presenza di un settimo ciclone
Attraverso le telecamere a infrarossi della sonda Giunone della NASA è stato possibile individuare una gigantesca tempesta che si è scatenata al polo sud di Giove nel mese di novembre. La sonda ha ‘spiato’ nel dettaglio il nuovo vortice, che è largo circa quanto il Texas, il 3 novembre, durante il suo ultimo sorvolo ravvicinato su Giove. Al momento sono sette i cicloni nella regione polare meridionale di Giove che sono stati individuati proprio grazie al lavoro prezioso della sonda Giunone.
Le tempeste adesso hanno forma esagonale
Le tempeste meridionali sono ordinate in modo sorprendentemente regolare. In precedenza, cinque di loro avevano formato un pentagono attorno a una tempesta centrale, larga quanto gli Stati Uniti. Con la nuova tempesta, la forma delle tempeste è diventata esagonale. “Questi cicloni sono nuovi fenomeni meteorologici che non sono mai stati visti o previsti prima” sono state le parole di Cheng Li, uno scienziato dell’Università della California al sito Space.com.
Attraverso queste osservazioni sarà possibile capire l’evoluzione dei cicloni
Attraverso lo studio e le osservazioni, sarà possibile capire come i cicloni si evolveranno nel tempo. “La natura sta rivelando una nuova fisica per quanto riguarda i movimenti fluidi e il funzionamento delle atmosfere planetarie giganti” ha precisato ancora Cheng Li. La sonda Giunone orbita attorno a Giove su un percorso ellittico ogni 53 giorni. Proprio nel momento in cui si avvicina di più riesce a cogliere tutti quei preziosi dettagli che in questo momento sono oggetto di studi. Ad esempio nel passaggio del 3 novembre, il 22esimo flyby scientifico della missione di $ 1,1 miliardi di Giunone, la sonda ha sfiorato nuvole di Giove a soli 3500 chilometri di distanza.
Una manovra geniale ha “salvato” la vita alla sonda Giunone
La sonda ha rischiato in passato di finire all’ombra di Giove per 12 ore e quindi di congelarsi e distruggersi. Solo il genio di alcuni scienziati ha impedito che ciò avvenisse. Il 30 settembre, il team che gestisce la sonda ha diretto la sonda a energia solare per far funzionare a impulsi i suoi piccoli motori di controllo della reazione per 10,5 ore. Questo stratagemma ha spinto il percorso della sonda verso l’esterno e quindi fuori dall’ombra, consentendo alla sonda di sopravvivere.
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