L'universo primordiale potrebbe essere stato pieno di buchi neri: i risultati di una ricerca
La nuova ricerca che è stata pubblicata sulla prestigiosa rivista, Astrophysical Journal Letters, ha utilizzato le osservazioni del telescopio spaziale Hubble
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Sono state utilizzate le immagini di Hubble per dimostrare la presenza di una grande massa di buchi neri nell'universo primordiale
I buchi neri supermassicci sono tra gli oggetti più inquietanti dell'universo, con masse che sono pari a circa un miliardo di volte quella del Sole. E sappiamo che esistono da molto tempo. Gli astronomi hanno rilevato le sorgenti compatte estremamente luminose che si trovano al centro delle galassie, note come quasar (buchi neri supermassicci in rapida crescita), quando l'universo aveva meno di 1 miliardo di anni. Una nuova ricerca che è stata pubblicata sulla prestigiosa rivista, Astrophysical Journal Letters, ha utilizzato le osservazioni del telescopio spaziale Hubble per dimostrare l'esistenza di una grande massa di buchi neri (molto meno luminosi) nell'universo primordiale rispetto a quanto si pensava in precedenza. Attraverso questo nuovo studio, gli astronomi avranno molte più risorse anche per capire come si sono formati i buchi neri e perché molti di loro sembrano essere più massicci degli altri.
Le dinamiche
I buchi neri crescono inghiottendo il materiale che li circonda, in un processo di accrescimento continuo. Ciò produce enormi quantità di radiazioni. La pressione di questa radiazione pone un limite fondamentale alla rapidità con cui i buchi neri possono crescere. La domanda che da sempre gli scienziati si pongono è come si formano i buchi neri? Esistono diverse possibilità. La prima è che i cosiddetti buchi neri primordiali si siano formati subito dopo il big bang. I buchi neri possono sicuramente formarsi (ora verificato dall'astronomia delle onde gravitazionali) nelle fasi finali delle brevi vite di alcune normali stelle massicce.
Tali buchi neri potrebbero in linea di principio crescere rapidamente se formati in ammassi stellari estremamente densi in cui stelle e buchi neri possono fondersi. Sono questi “semi di massa stellare" dei buchi neri che dovrebbero crescere troppo velocemente. L'alternativa è che potrebbero formarsi da “semi pesanti", con masse circa 1.000 volte maggiori delle stelle massicce note. Uno di questi meccanismi potrebbe essere stato il cosiddetto “collasso diretto", in cui le prime strutture della materia oscura confinavano le nubi di gas, mentre la radiazione di fondo impediva loro di formare stelle e collassavano in buchi neri. Il problema è che solo una minoranza di aloni di materia oscura cresce abbastanza da formare tali semi. Quindi questa funziona come spiegazione solo se i primi buchi neri sono abbastanza rari.
Il nuovo “censimento" dei buchi neri
Sebbene i buchi neri crescano ingoiando materiale circostante, ciò non avviene a una velocità costante: suddividono il loro nutrimento in “pasti", il che fa variare la loro luminosità nel tempo. Gli scienziati hanno monitorato alcune delle prime galassie per cambiamenti di luminosità in un periodo di 15 anni per fare poi un nuovo censimento di quanti buchi neri esistano nell'universo. Si è scoperto che esistono molti più buchi neri residenti nelle prime galassie ordinarie di quanto si pensasse. Un altro recente lavoro pionieristico effettuato tramite il James Webb Space Telescope (JSTW) ha avallato la tesi che esistano
più buchi neri di quanti possano formarsi tramite collasso diretto.
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Come si porterà a termine il censimento
Esiste un altro modo, più esotico, con cui si potrebbero formare i buchi neri che potrebbe produrre semi che sono sia massicci che abbondanti. Le stelle si formano tramite contrazione gravitazionale di nubi di gas: se un numero significativo di particelle di materia oscura può essere catturato durante la fase di contrazione, allora la struttura interna potrebbe essere completamente modificata e l'accensione nucleare impedita.
Attraverso nuove osservazioni, come quella prevista nella missione Euclid o il Nancy Grace Roman Space Telescope, si potrà portare a compimento il censimento di quasar più deboli nati in epoche primordiali. La missione NewAthena e lo Square Kilometer Array, in Australia e Sud Africa, consentiranno sicuramente di avere maggior ragguagli sulle dinamiche e sui processi che hanno portato alla formazione di buchi neri in epoche primordiali.
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