La NASA invia astronauti nello spazio direttamente dagli Stati Uniti: ecco la nuova missione per gli sbarchi su Luna e Marte
Gli Stati Uniti tornano a spedire astronauti nello spazio. Nove anni dopo l’ultima volta (2011, Programma Shuttle) la NASA invierà un equipaggio sulla Stazione Spaziale Internazionale con un “volo” che partirà proprio dal suolo americano. A riportarlo è la stessa NASA sul suo profilo Twitter. Saranno Doug Hurley e Bob Behnken gli astronauti statunitensi che lasceranno la Terra per una missione di 110 giorni sulla ISS: i due partiranno il prossimo 27 maggio dal “Kennedy Space Center” di Cape Canaveral (Florida) e voleranno a bordo della navicella spaziale Crew Dragon della società SpaceX di Elon Musk, il magnate che ha finanziato la costruzione di veicoli per le prossime missioni (tra cui il secondo sbarco sulla Luna e, più avanti, la prima missione dell’uomo su Marte). STRANE LUCI AVVISTATE IN CIELO: ECCO DOVE E COSA É SUCCESSO
L’obiettivo della missione
Cosa ha di tanto speciale questa missione? Innanzitutto, come anticipato, si tratta della prima volta dopo nove anni in cui la NASA farà partire dal territorio americano una sua spedizione: dal 2011 al 2019, infatti, l’Agenzia Spaziale Internazionale si è appoggiata alle soyuz russe site in Kazakistan. Ora però sarà tutto “fatto in casa”. Inoltre si tratta del secondo viaggio nello spazio della nave Crew Dragon, che prima della coppia Hurley-Behnken ha condotto sulla ISS (e riportato sulla Terra) gli astronauti Oleg Skripochka, Jessica Meir e Andrew Morgan. Se tutto andrà bene anche con il viaggio di Hurley e Behnken si passerà al prossimo step, un nuovo lancio di Crew Dragon (sempre verso la ISS) tra agosto e settembre 2020 con ben quattro astronauti a bordo. Preparativi per le missioni sulla Luna e su Marte.
Kepler-1649c, scoperto un esopianeta di dimensioni e temperature simili alla Terra
Un team internazionale di scienziati ha scoperto un esopianeta, distante 300 anni luce da noi, di dimensioni simili a quelle della Terra e con caratteristiche potenzialmente ideali per ospitare acqua liquida. È quanto si legge su Sciencealert.com. “Questo pianeta ci dà speranze sulla possibilità che una seconda Terra esista tra le stelle e sia solo in attesa di essere trovata” ha commentato Thomas Zurbuchen, amministrazione associato della direzione della missione scientifica della NASA ma non facente del gruppo che ha condotto lo studio da cui si è arrivati all’individuazione di Kepler-1649c. Una scoperta sicuramente molto importante e che apre diversi scenari per il futuro: ma cosa si sa di questa stella speciale appena rinvenuta?
La prima osservazione grazie a Kepler, ormai fuori uso
L’esopianeta è straordinariamente simile alla Terra per dimensioni, temperatura superficiale e calore che riceve dalla sua stella: è stato osservato per la prima volta dal telescopio Kepler, ormai fuori uso ma ancora fonte di informazioni preziose per gli esperti. Finora, però, l’oggetto in questione – che compie un’orbita completa intorno alla sua stella, una rara rossa, in 19.5 giorni terrestri – era stato catalogato dai ricercatori come un algoritmo informativo, ovvero un falso positivo.
Perché l’esopianeta è simile alla Terra
Kepler-1649c dista circa 300 anni luce, ha dimensioni pare a 1,06 volte quelle della Terra e riceve dalla sua stella, una nana rossa, il 75% dell’energia che la Terra riceve dal Sole. Questo significa che la temperatura dell’esopianeta è simile a quella della Terra. E non è tutto: la sua orbita, infatti, percorre un’area abitabile, nella quale un pianeta roccioso può contenere acqua allo stato liquido In poche parole, si legge su Science Alert, si tratta di un pianeta molto lontano che ha caratteristiche molto più adatte ad ospitare la vita rispetto ad altri pianeti a noi più vicini. Almeno in teoria:
Dubbi sull’atmosfera di KEpler-1649c
Ci sono però ancora tante domande per cui non si hanno risposte. Una su tutte riguarda l’atmosfera di Kepler-1649c, ancora sconosciuta: nonostante la luce che riceve dalla sua stella, resta comunque da sapere di più sull’atmosfera per conoscere la temperatura sulla superficie dell’esopianeta. La scoperta è stata effettuata mentre il team rianalizzava vecchie osservazioni del telescopio Kepler, ora in pensione. Altra perplessità riguarda le tempeste stellari emesse, di solito, dalle nane rosse che potrebbero rappresentare un pericolo per lo sviluppo di forme di vita extraterrestri.
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