
Terraformazione di Marte, il piano di Musk con i riflettori solari
Prosegue il lavoro degli scienziati NASA per raggiungere Marte, ma non si tratta solo di trovare il modo di sbarcare per la prima volta sul pianeta rosso: nei laboratori aerospaziali si sta pensando anche a come rendere Marte “abitabile” dagli esseri umani, o meglio “ricreare le condizioni atmosferiche” della Terra per garantire la massima sicurezza agli astronauti in missione. In una parola, la “terraformazione“. E a questo proposito c’è il piano speciale di Elon Musk, CEO di SpaceX e Tesla che ha espresso la sua idea su Twitter.
Il progetto degli specchi solari
Musk, spiega sul social network, propone di utilizzare 200-300 riflettori spaziali-solari per riscaldare Marte e renderlo così meno “glaciale” di come è. Secondo i calcoli di Musk, basterebbe una rete di apparecchi dal diametro totale di 150 metri per abbassare la temperatura del pianeta rosso. In quel caso non sarebbe necessario lavorare sul piano A di terraformazione, su cui gli scienziati sarebbero già al lavoro da tempo ma che non garantisce ancora un risultato sicuro.
Marte può essere abitabile grazie alla “terraformazione”: ecco cosa significa
Marte può essere davvero abitabile come la Terra. Questa è la possibilità che arriva da uno studio di ricercatori dell’università di Harvard, del Jet Propulsion Laboratory della NASA e dell’Università di Edimburgo: grazie al processo di “terraformazione“, infatti, sarebbe possibile replicare sul pianeta rosso le stesse condizioni di vita (o molto simili) del nostro mondo. Ma come funziona?
Marte può essere abitabile grazie alla “terraformazione”: ecco cosa significa
Marte può essere davvero abitabile come la Terra. Questa è la possibilità che arriva da uno studio di ricercatori dell’università di Harvard, del Jet Propulsion Laboratory della NASA e dell’Università di Edimburgo: grazie al processo di “terraformazione“, infatti, sarebbe possibile replicare sul pianeta rosso le stesse condizioni di vita (o molto simili) del nostro mondo. Ma come funziona?
La “terraformazione”
Per “terraformazione”, come riporta il sito NotizieScientifiche.it, si intende una riproduzione delle condizioni ambientali terrestri in un’altra dimensione, in questo caso il pianeta Marte. Chiaramente non di tutta la superficie marziana (sarebbe impossibile data la sua dimensione) ma di una “terraformazione” locale e regionale, dunque di una parte limitata di Marte. Cosa significherebbe? Che il problema “atmosfera marziana” verrebbe aggirato e permetterebbe agli astronauti in missione di fermarsi sul territorio in vere e proprie “isole abitabili” e approfondire gli studi.
Le parole degli esperti
Robin Wordsworth, tra i protagonisti dello studio e ricercatore presso la “John A. Paulson School Of Engineering And Applied Sciences” di Harvard, ha dichiarato che “si tratta di un approccio ‘regionale’ che potrebbe rendere Marte abitabile tramite un processo molto più realizzabile rispetto alla modificazione atmosferica globale“. “Inoltre – ha proseguito Wordworth – si possiedono già i mezzi e le tecnologie adatte a questo scopo”. A riportarlo è il sito NotizieScientifiche.it. Sarà davvero possibile?
La chiave è l’aerogel di silice
A rendere anche solo pensabile l’ipotesi di “terraformare” Marte è uno specifico elemento, l’aerogel di silice: come spiega lo studio, questa sostanza è tra le più isolanti mai create, in grado di riprodurre il classico effetto serra della Terra. L’aerogel di silice inoltre, già utilizzato dalla NASA per costruire i rover da mandare proprio su Marte, è al 97% poroso e permetterebbe alla luce non dannosa di penetrarlo e attraversarlo senza conseguenze negative. Cosa fare quindi? Costruire delle strutture composte da aerogel di silicio in cui gli astronauti possano stare su Marte per il tempo che serve alla missione.
Come funziona l’aerogel di silice
Tramite l’utilizzo di uno schermo di areogel di silice dello spessore di 2-3 centimetri, spiega NotizieScientifiche.it, è possibile attuare una fotosintesi e bloccare la radiazione ultravioletta pericolosa; in questo modo la temperatura nella “serra di silice” può abbassarsi fino a permettere all’acqua di diventare liquida. E a permettere all’aerogel di silice di “fare il suo dovere” basta unicamente il calore solare, nessun altro tipo di energia.
Laureato in Scienze Politiche e giornalista pubblicista, fin dai primi anni di liceo ho sempre coltivato la passione per la scrittura. Mi sono sempre occupato di scrivere notizie relative a tutto ciò che riguarda l'attualità. Esperto nel settore relativo alla salute e in quello scientifico-tecnologico, appassionato di cronaca meteo, geofisica e terremoti.