La recente sentenza della Cassazione ha dato ragione alla famiglia del danneggiato e ha condannato il Comune a dover dare la prova della propria innocenza
Una recente sentenza della Corte di Cassazione (Sezione III) riguardante il caso di un uomo che ha perso la vita dopo essere andato a sbattere contro un palo della luce in seguito all’impatto contro una buca profonda 8 cm, potrebbe rappresentare in futuro una cartina di tornasole nella decisione delle controversie tra conducenti dei mezzi a due ruote e comuni, per incidenti analoghi. Il caso in questione era stato deciso in primo e secondo grado con l’assoluzione del Comune in quanto il motociclista deceduto avrebbe adottato con una condotta di guida imprudente e perchè indossava un casco a scodella. Ma la Corte di Cassazione è stata di diverso avviso e con una sentenza datata 8 luglio 2024 (numero 18518) ha condannato il Comune al risarcimento del danno.
Le conclusioni degli ermellini
Secondo gli ermellini, anche se la legge fa ricadere l’onere della prova sul soggetto danneggiato, questo onere dovrebbe limitarsi solo alla derivazione del danno dalla cosa, che in questo caso è la buca della strada. Sulla vittima però non deve ricadere la dimostrazione della “propria assenza di colpa nel relazionarsi con essa”. Insomma, in questi casi, l’onere probatorio deve gravare sul custode. Secondo la Cassazione, al danneggiato non spetta di provare la diligenza e prudenza impiegate nel relazionarsi con la res custodita, non essendo un elemento costitutivo della fattispecie.
La sentenza
Il sinistro in cui è deceduto il motociclista era avvenuto con condizioni metereologiche avverse e in orario notturno. Il fatto che il conducente indossasse un casco a scodella non conforme agli standard di sicurezza, secondo i giudici di primo e secondo grado, interromperebbe il nesso causale tra la cosa in custodia e il danno. Non avendo osservato le regole di comune prudenza, il Comune era stato assolto da ogni responsabilità. Secondo la Cassazione, invece, l’onere probatorio spetterebbe al custode della strada e quindi graverebbe su di esso il compito di dimostrare l’assenza di una relazione, nel caso di specie, tra la buca e l’incidente mortale.
La decisione finale della Cassazione
La consulenza tecnica d’ufficio dimostrò in sede processuale che il manto stradale, dato l’importante dislivello, aveva agito come una sorta di “trampolino di lancio” per il motoveicolo. Dopo l’impatto con la buca, il motociclista era stato sbalzato contro il palo della luce. In conclusione, la Cassazione ha deciso di accogliere il ricorso della vittima cassando la sentenza impugnata con rinvio alla corte d’appello. La corte d’appello, nel decidere la controversia, dovrà attendersi e uniformarsi al principio secondo il quale, a carico del danneggiato “sussiste l’onere di provare soltanto la derivazione del danno dalla cosa e la custodia della stessa da parte del preteso responsabile” e non la propria assenza di colpe o responsabilità.
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