Strage di Erba, spuntano nuovi testimoni
I riflettori si sono riaccesi sulla strage di Erba, in quanto i legali di Olindo Romano e Rosa Bazzi hanno presentato un’istanza di revisione del processo da cui spuntano nuove testimonianze che accreditano una pista alternativa a quella della coppia in carcere. L’ipotesi che si fa largo è sempre più quella di una vendetta tra bande legate allo spaccio di droga, per colpire Azouz Marzouk, marito di Raffaella Castagna e padre del piccolo Jousseph. E’ quanto riporta Leggo.it.
La vendetta per lo spaccio
Come riporta il Messaggero, Azouz Marzouk aveva confidato i suoi timori a un compagno di cella, Abdi Kais: “Azouz mi ha detto, prima che io uscissi di galera, di tenere d’occhio Raffaella e il loro figlio Jousseph. Sembrava molto spaventato e scuro in volto“. Il 38enne tunisino ha raccontato la faida per il predominio sulle piazze di spaccio del Comasco tra la banda tunisina di cui faceva parte Marzouk, insieme a fratelli e cugini, e una banda di marocchini. Le sue dichiarazioni sono state raccolte in una saletta riservata dell’Hotel Royal victoria di Tunisi, il 19 febbraio 2023, nell’ambito delle indagini difensive svolte dall’avvocato Fabio Schembri, alla presenza del legale di Kais, l’avocato Ivano Iai.
Il secondo testimone
Nel fascicolo sono riportate le testimonianze di altre due persone, fino ad ora mai ascoltate nei tre gradi di giudizio che hanno portato all’ergastolo i coniugi Romano. I due hanno riferito di aver notato da visuali diverse tre persone sospette, di cui almeno due stranieri. Il primo testimone è Fabrizio Manzeni che abitava in via Diaz e ascoltato il giorno dopo la strage di Erba, ecco cosa aveva detto: “Mi sono affacciato alla finestra per sbattere la tovaglia e ho notato due persone di sesso maschile, adulte, verosimilmente extracomunitari, in corrispondenza del cancello di casa mia, che stavano discutendo animatamente tra loro. Uno di loro aveva un cellulare con un display luminoso e grande e gesticolava con una terza persona che non ho visto“. Il legale di Olindo e Rosa spiega che il verbale fu trasmesso in Procura solo dopo la confessione dei coniugi Romano.
Il terzo testimone
Una dichiarazione simile a quella di Manzeni, mai ascoltata nel dibattimento è stata resa da Ben Chemcoum, nordafricano di 56 anni, che il 25 dicembre 2006 aveva detto ai carabinieri di aver incrociato un uomo molto robusto, con il cappotto chiuso e le mani in tasca, con un berretto scuro, la sera dell’11 dicembre. Poi aveva visto un furgone bianco parcheggiato, dal quale proveniva una voce che in lingua tunisina diceva “aia fisa” che significa “vieni subito” e “quella persona che aveva incrociato si è affrettata, quasi correndo. Quindi ho visto il furgone allontanarsi velocemente“.
La guerra tra bande
Nell’audizione dello scorso febbraio, Abdi Kais aveva parlato anche di una “faida con i vicini di condominio, marocchini, per questioni di cocaina“. La lite era avvenuta in un palazzo di Merone, paese a 7 chilometri da Erba, dove il gruppo di Marzouk aveva una base. “Fhami negò di rifornire i marocchini e allora si presentarono con dei coltelli, puntandoli alla gola di Amer, dicendogli di portarli sopra, nell’appartamento di Merone. A quel punto sono intervenuti i vicini che avevano udito le grida. Si sono presentati per uccidere”. La similitudine con quanto accaduto l’11 dicembre 2006 in via Diaz è tangibile. Dopo il blitz a Marone, la base di custodia della droga fu spostata a Erba: “All’interno c’erano delle piante e la nascondevamo lì. I guadagni invece venivano custoditi in casa da Raffaella, insieme a orologi e altri oggetti di valore”. “Dopo aver saputo della strage, ho pensato a una rissa perché Fahmi si stava esponendo sempre di più”.
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