Strage di Paderno Dugnano, il cappellano del Beccaria ha incontrato Riccardo
Il Cappellano del Beccaria, Don Claudio Burgio , ha incontrato Riccardo nel carcere minorile, il ragazzo 17enne che ha sterminato la sua famiglia a Paderno Dugnano nella notte tra sabato e domenica. Il reo confesso che era partito con una bugia rispetto a quanto accaduto, ha ucciso a coltellate prima il fratellino di 12 anni, poi la mamma arrivata in soccorso del figlio piccolo, di 48 anni, e infine alle spalle ha inferito sul padre che gli diceva di chiamare i soccorsi, chino sulla moglie e il figlio. Dicevamo del cappellano, Don Claudio Burgio che come riporta Famiglia Cristiana, ha incontrato l’autore della strage. Ecco cosa si sono detti.
Le parole del cappellano del Beccaria
Dopo aver parlato con Riccardo, Don Claudio Burgio si è così espresso: “Ho trovato un ragazzo fragile, chiaramente provato ma molto lucido e in grado di comunicare. Mi ha subito citato la frase che è anche il titolo del libro in cui racconto la mia esperienza di educatore. In lui, come in altri ragazzi che incontro, ho trovato un vuoto profondissimo che è un abisso a cui gli adulti, compresi noi preti, non sappiamo né intercettare né rispondere“. Il cappellano dice che appena l’ha visto, il 17enne ha voluto subito confessarsi. E tra le altre cose gli ha detto: “Tu sei quello di ‘Non esistono ragazzi cattivi“. Dopo la confessione hanno parlato ancora. “Sui giornali era uscito il ritratto di un adolescente in difficoltà a comunicare ma io questa difficoltà non l’ho vista”. Poi aggiunge: “Questa vicenda scuote tutti, compreso me che in vent’anni da educatore a contatto con ragazzi dal vissuto difficile, ne ho viste tante“.
Perchè non esistono cattivi ragazzi
“Non esistono ragazzi cattivi” è il motto di don Claudio che lo ha messo anche nel suo profilo WhatsApp ed è anche il titolo di un libro, pubblicato nel 2015 con la prefazione di don Gino Rigoldi, in cui ha raccontato la sua esperienza di educatore al Beccaria tra crisi e rinascite. Il Cappellano del carcere minorile dei Beccaria fa nota che “Non so come mai conoscesse questo motto, probabilmente mi ha visto in uno dei tanti incontri che faccio nelle scuole“. Don Claudio sottolinea come “questo ragazzo, come tanti altri che incontro qui in carcere e nella comunità Kayros, ha dentro un dolore profondissimo che non riesce a decifrare e a vivere. La nostra società chiede sempre di essere performanti e ha la pretesa di avere sempre una risposta su tutto, ma sono risposte banali che non solo non colmano il vuoto ma neanche lo sfiorano“. Il cappellano ammette che è troppo presto per avventurarsi in analisi psicologiche o sociologiche dopo aver visto il ragazzo una sola volta rischiando di cadere in banalità e nella retorica. Quello che si sente di dire è che in questi casi ci vuole un lungo silenzio.
L’impressione del cappellano
Al cappellano viene chiesto che impressione ha ricavato dopo questo incontro, ecco cosa ha risposto: “Si tratta di un ragazzo che con parola abusata definirei “normale” all’interno di una famiglia “normale” che non ha nulla a che fare con un vissuto di disagio che può sfociare nel bullismo, nell’uso di stupefacenti o nella violenza, come accade ad altri ragazzi che incontro e che seguo. Quello che ho percepito, e che riscontro in tanti ragazzi che vivono con me in comunità, che c’è un vuoto interiore profondo. Molti di questi adolescenti hanno domande molto forti sul perché del dolore e della sofferenza ma sono analfabeti dal punto di vista emotivo. Non riescono a decifrare queste emozioni, a ordinarle nella propria esistenza e di conseguenza neanche a viverle“. Questa è un’affermazione che deve far riflettere. Ancor di più quando gli viene chiesto se gli adulti non sono più un punto di riferimento, la sua risposta: “No perché l’adulto non è in grado di dare risposte che li soddisfino. Anche noi preti non riusciamo più a dare risposte convincenti, credibili, provocatorie nel senso buono. Diamo sempre più risposte dogmatiche, insegniamo la fede come una serie di precetti da osservare e basta. Anche noi come Chiesa balbettiamo di fronte ai grandi interrogativi sulla vita“.
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