Aritmia cardiaca, non sempre è originata da predisposizione genetica: i rischi derivanti dallo stress
Di fronte a qualcosa che ci fa paura, il cuore risponde battendo più velocemente aumentando l’afflusso di sangue ai muscoli. È una fisiologica reazione allo stress naturale. Tuttavia, ci sono momenti in cui lo stress emotivo o fisico fa battere il cuore con un ritmo irregolare o anormale, una condizione chiamata aritmia cardiaca che è stata studiata a fondo dalla dottoressa Filip Van Petegem del Dipartimento di Biochimica e Biologia Molecolare dell’Università di British Columbia.
La ricerca è stata pubblicata sul sito Medicalexpress e prende spunto da un articolo pubblicato l’8 maggio 2019 sulla rivista Molecular Cell. La dottoressaVan Petegem ha analizzato due proteine che interagiscono nel cuore nei casi di aritmia indotta dallo stress e sul potenziale trattamento. “Il quadro generale del nostro lavoro – ha dichiarato la ricercatrice a Molecular Cell – è capire come i segnali di stress influenzano una proteina nel muscolo cardiaco che è fondamentale per la contrazione del cuore“.
L’aritmia è un segnale d’allarme
In una situazione di stress, quella proteina cardiaca riceve un tag da un’altra proteina, e il tag induce un maggiore apporto di calcio, sostanza chiave per la contrazione. “Normalmente questo tag viene rimosso e tutto si risolve ma questo processo consente al cuore di adattarsi alle esigenze dell’ambiente. Ma se i tag rimangono troppo a lungo – prosegue Van Petegem – o se ci sono troppi tag, il calcio può essere erogato tra i battiti del cuore, che inizia a influenzare i segnali elettrici causando aritmie“.
L’aritmia nelle persone senza predisposizione genetica è una condizione acquisita, ha spiegato, “e una volta che ce l’hai, spesso progredisce“. Serve come segnale di allarme che potrebbe presagire forme più persistenti di aritmia. “La nostra ricerca ha esaminato la proteina che fornisce il tag: come riconosce la proteina su cui deve consegnare il tag e come avviene la consegna del tag“.
I risultati hanno sorpreso anche i ricercatori
Per trovare la risposta, Van Petegem e i suoi colleghi hanno analizzato i cristalli delle proteine. Hanno quindi utilizzato la diffrazione a raggi X presso la Canadian Light Source (CLS) presso l’Università di Saskatchewan per produrre immagini 3-D che hanno rivelato una struttura che mostra come viene consegnato il tag. “La struttura è stata piuttosto una sorpresa“, ha dichiarato la ricercatrice. “Abbiamo pensato che fosse strano, ma lo abbiamo testato in vari modi ed è sempre stato presente.”
Serviranno nuovi studi per approfondire l’interferenza tra proteine e mutazione
La ricercatrice ha affermato di aver identificato molte aree in cui si pensa che una piccola molecola potrebbe essere utilizzata per interrompere l’eccessiva etichettatura. È ipotetica ma è sicuramente una strada che vale la pena perseguire. Si è anche scoperto che la struttura era soggetta a mutazione genetica e ha identificato il modo in cui il tag modifica le proprietà della proteina. Adesso occorreranno ulteriori studi sui cristalli della proteina per comprendere a fondo come possano interferire le proteine con la mutazione genetica.
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