Istituto Superiore di Sanità e Ministero della Salute presentano un nuovo studio sulle reinfezioni da coronavirus: ecco cosa è stato scoperto
Il coronavirus non è affatto sparito dall’Italia e la dimostrazione è il netto aumento dei positivi dell’ultimo periodo: è vero che i vaccini e le limitazioni per i cittadini hanno diminuito parecchio il numero di morti e ricoverati in terapia intensiva a causa del virus, ma non hanno risolto definitivamente il problema (come ampiamente previsto). E intanto gli scienziati studiano i ceppi virologici rilevati finora per avere sempre più informazioni e statistiche sulla causa della pandemia, arrivando a scoprire un fattore molto importante: dal 6 dicembre 2021, stando all’indagine condotta da Istituto Superiore di Sanità e Ministero della Salute, c’è stato un aumento del rischio di reinfezione da Covid-19 a causa della comparsa delle varianti Omicron e Omicron 2.
I dati dello studio
I due enti governativi, infatti, fanno presente che i soggetti più a rischio per la reinfezione da Covid-19 sono quelli che hanno avuto la prima diagnosi di positività più di 210 giorni fa (oltre 7 mesi) e i soggetti non vaccinati o vaccinati con una sola dose da più di 120 giorni (4 mesi). Perché tutto ciò? Premesso che per i non vaccinati la risposta è scontata, i vaccinati potrebbero reinfettarsi perché nella prima positività hanno contratto il ceppo classico del coronavirus o una tra le varianti Alpha e Delta, le quali presentano caratteristiche diverse rispetto a Omicron.
Le fasce di età più a rischio
Stando ai dati statistici di Ministero della Salute e ISS, inoltre, ad essere più a rischio reinfezione sono i più giovani (dai 12 ai 49 anni) rispetto alle persone con prima diagnosi in età compresa fra i 50-59 anni, attribuibile a comportamenti ed esposizioni a maggior rischio. E le donne hanno un rischio di ri-contagiarsi maggiore rispetto agli uomini.
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Coronavirus, il bollettino in Italia di domenica 20 marzo 2022
Nelle ultime 24 ore sono stati 60.415 i nuovi casi di coronavirus registrati in Italia, mentre ieri erano stati 74.024. I tamponi effettuati sono 370.466 (ieri 478.051). La percentuale di positivi considerando il totale dei tamponi – quindi molecolari più antigenici rapidi – è al 16,3% (ieri era al 15,5%). Sono 93 i morti (compresi alcuni riconteggi), 4 posti letto occupati in meno in terapia intensiva rispetto a ieri. È questo il quadro che emerge dal bollettino del Ministero della Salute del 20 marzo.
Laureato in Scienze Politiche e giornalista pubblicista, fin dai primi anni di liceo ho sempre coltivato la passione per la scrittura. Mi sono sempre occupato di scrivere notizie relative a tutto ciò che riguarda l'attualità. Esperto nel settore relativo alla salute e in quello scientifico-tecnologico, appassionato di cronaca meteo, geofisica e terremoti.