
Coronavirus, insieme ai vaccini si studiano anche possibili cure
Il vaccino è senza dubbio l’arma più potente che abbiamo contro il Coronavirus, ma non è l’unica. Mentre prosegue la campagna vaccinale in Italia e nel mondo, infatti, continua la ricerca di cure per tenere a bada il virus. Una di queste è a base di vitamina D: è quanto determinato, come si legge su Fanpage.it, un team di ricerca americano guidato da scienziati del Montefiore Health System e dell’Albert Einstein College of Medicine nel Bronx, Stato di New York. Leggi anche Coronavirus, Marcianise in lockdown speciale. L’ira del Sindaco: “É colpa degli imbecilli, fiducia terminata”
Coronavirus, la vitamina D abbassa il rischio di complicanze e di morte
I pazienti contagiati dal Coronavirus con carenza di vitamina D e ricoverati in ospedale, secondo i ricercatori, se ricevono un’integrazione del prezioso pro-ormone liposolubile possono beneficiare di una riduzione del rischio di ventilazione meccanica e di morire per l’infezione: questa protezione sarebbe offerta da un’integrazione di mille unità settimanali in chi presenta una carenza acclarata; il fabbisogno giornaliero medio di vitamina D è pari a 400 unità al giorno, ma in presenza di fattori di rischio e deficit si può arrivare anche a mille. Leggi anche Coronavirus, prorogata fino al 5 aprile la chiusura in Campania di parchi, lungomari e piazze. Ecco tutti i dettagli
L’importanza della vitamina D
Gli scienziati, coordinati dalla dottoressa Corinne Levitus, specialista presso la divisione di Endocrinologia, Diabete e Metabolismo del Montefiore Medical Center, sono giunti alle loro conclusioni al termine di un’indagine su centinaia di pazienti di cui erano noti i livelli di vitamina D, misurati fino a tre mesi prima del contagio e del ricovero in ospedale: la ricerca ha dimostrato che l’integrazione con vitamina D può avere la capacità di prevenire l’infiammazione e altre patologie respiratorie, anche se non è ancora chiaro il legame con Covid-19. Leggi anche Coronavirus, quando riapriranno le scuole in Italia? In alcune regioni si torna tra i banchi prima di Pasqua. Ecco tutti i dettagli
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I risultati dello studio
Diversi studi hanno trovato un’associazione positiva tra livelli adeguati non solo di vitamina D ma di 5 vitamine differenti e rischi minori di complicazioni, ospedalizzazione e morte. Nello studio in questione sono stati analizzati 130 pazienti, 19 dei quali avevano bassi livelli di vitamina D prima del ricovero: confrontando quelli che hanno ricevuto l’integrazione da 1.000 unità al mese con quelli che non l’hanno ricevuta è emersa la minore probabilità dei primi di aver bisogno di ventilazione meccanica e di morire dopo il ricovero, anche se non si parla di differenze statisticamente significative.
Le dichiarazioni della professoressa Levitus
Come dichiarato dalla professoressa Levitus, “anche se non siamo stati in grado di mostrare un legame definitivo con la Covid-19 grave, è chiaro che i pazienti con poca vitamina D dovrebbero avere un’integrazione non solo per la salute delle ossa ma anche per una protezione maggiore contro la Covid-19 grave. Ci auguriamo che questa ricerca incoraggi i medici a discutere l’aggiunta dell’integratore con i propri pazienti che hanno poca vitamina D.
Classe '93, napoletano di nascita, interista di fede. Scrivo sul web da quando avevo 16 anni: prima per hobby, poi per lavoro. Curioso di natura, amo le sfide (soprattutto vincerle). Mi affascinano il mondo dell'informazione e quello della comunicazione.