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Covid, la morte della giovane donna incinta respinta da due ospedali romani: la denuncia della famiglia

Il legale della famiglia ha presentato un esposto per accertare la dinamica dei fatti e per rilevare eventuali profili di responsabilità

Covid, la morte della giovane donna incinta respinta da due ospedali romani: la denuncia della famiglia
Immagine di repertorio: ambulanza e soccorso. Fonte foto: ansa.it.

La tragica morte della giovane 28enne di Aprilia, dopo aver ricevuto il diniego al ricovero

La tragica scomparsa della giovane donna di Aprilia, morta per Covid in stato di gravidanza, si arricchisce di nuovi particolari che stanno facendo ulteriore luce sul calvario vissuto dalla donna, ma anche sulle gravi inadempienze da parte del sistema sanitario, che ne avrebbero comportato il decesso. La 28enne incinta, avrebbe accusato i sintomi più gravi del Covid già nella giornata del 5 gennaio. Adriana Tanoni, questo è il nome della vittima all’ottavo mese di gravidanza, ha iniziato proprio quel giorno la sua lunga trafila tra ospedali e 118, prima di spirare, dopo aver tentato inutilmente di farsi ricoverare. Da leggere anche Covid, in arrivo le nuove regole: cambia il sistema dei colori

Il mancato ricovero

Dalle indagini è emerso che la donna, dopo aver manifestato i primi sintomi della malattia, avrebbe contattato la propria dottoressa di base chiedendo lumi sulla possibilità di iniziare la terapia antinfiammatoria, avvisandola che la saturazione stava oscillando da 94 a 92 con febbre attorno ai 38 gradi. In seguito all’inasprimento dei sintomi, la donna ha deciso di recarsi presso l’Ospedale Gemelli, dove però le è stato impedito di entrare per cause ancora da chiarire. Accertata l’impossibilità di entrare, la donna si è rivolta al 118 che l’ha trasportata presso l’Ospedale Castelli, dove ha ricevuto un nuovo diniego per mancanza di posti.

La disperazione e il ricovero d’urgenza

Successivamente la donna ha nuovamente chiamato il 118 dopo aver riscontrato una saturazione a 89 ma i sanitari hanno deciso di non ricoverarla perché il loro saturimetro segnava 94. “Io non so più che fare“ è stata la frase disperata che la donna ha scritto al proprio medico di base, in preda all’ansia e alla paura. Nel suo ultimo messaggio, prima del decesso, la donna aveva manifestato tutta la propria rabbia e la disapprovazione per il modo con cui il sistema sanitario stava gestendo il suo caso. Nonostante il quadro generale sconfortante, come ha fatto notare il legale della donna, il sistema sanitario ha agito con totale negligenza e senza un barlume di umanità, nei confronti della donna in attesa del secondo figlio. CONTINUA A LEGGERE..

Il parto e poi la morte

Una volta aggravatosi il quadro clinico, la morte è sopraggiunta il 20 gennaio presso il reparto Covid del Policlinico di Roma, dove la donna è giunta in gravi condizioni a causa di una polmonite interstiziale da Sars Cov2. La famiglia ha deciso di denunciare la ginecologa che aveva in cura la figlia, per averle suggerito di non vaccinarsi. Ha anche incaricato un legale per presentare un esposto affinchè vengano accertate eventuali responsabilità. Nonostante il quadro clinico critico della donna, il 13 gennaio i medici sono riusciti a far nascere il bambino con parto prematuro, anche se la donna è spirata pochi giorni dopo.

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Marco Antonio Tringali

Coltivo da anni la passione per la scrittura e per i social network. La ricerca della verità, purchè animata da onestà intellettuale, è una delle mie sfide. Scrivo da diversi anni per importanti siti di informazione che mi danno l'opportunità di dare sfogo alla mia passione innata per il giornalismo.

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