Demenza, un’alimentazione ricca di fibre può essere un valido alleato secondo una nuova ricerca scientifica
I ricercatori dell’Università giapponese di Tsukuba hanno condotto una nuova ricerca scientifica molto interessante. Lo studio ha coinvolto 3.739 adulti. Chi ha dichiarato il più alto consumo di fibre nella propria dieta personale ha manifestato un rischio inferiore di sviluppare forme di demenza. Vediamo di seguito tutti i dettagli. L’alimentazione quindi sarebbe molto importante per evitare disturbi legati a forme di demenza. Il declino delle facoltà mentali quando è grave può interferire con la vita quotidiana.
Lo studio
Lo studio condotto dai ricercatori dell’Università giapponese di Tsukuba è stato pubblicato sulla rivista scientifica ‘Nutritional Neuroscience‘, come riporta Sky. Gli studiosi giapponesi hanno coinvolto 3.739 soggetti adulti nello studio. Gli adulti hanno completato una serie di questionari. Sono stati analizzati i regimi alimentari nel periodo intercorso tra il 1985 ed il 1999. I partecipanti erano persone generalmente sane e di età compresa tra 40 e 64 anni che sono state monitorate tra il 1999 ed il 2020, per verificare se avessero sviluppato una qualche forma di demenza tale da richiedere cure specifiche.
I risultati
I risultati della ricerca mostrano che chi si trovava nel gruppo di partecipanti con il più alto consumo di fibre nella propria dieta personale abbia manifestato un rischio inferiore di sviluppare forme di demenza. Questo è molto importante perché le forme di demenza a volte possono anche essere invalidanti nei casi gravi. Gli esperti hanno esaminato anche se esistessero differenze per i due principali tipi di fibre, quelle solubili e quelle insolubili. Le prime, sono presenti in alimenti come avena e legumi. Le seconde si trovano ad esempio nei cereali integrali e nelle verdure, e sono riconosciute per la loro azione positiva nel benessere intestinale.
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Le fibre solubili
E’ emerso che il legame tra assunzione di fibre e minor rischio di demenza era più marcato considerando le fibre solubili. I meccanismi alla base di questa correlazione non si conoscono, ma potrebbero coinvolgere le interazioni che hanno luogo tra l’intestino e il cervello. A spiegarlo è stato Kazumasa Yamagishi, coordinatore dello studio.
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