
Ecco le nuove prove che indicano che un prodotto chimico può essere la causa del Parkinson
Si chiama trielina ed è una sostanza che può avere un impatto devastante sulla nostra salute eppure viene utilizzata ancora per produrre prodotti che utilizziamo spesso in casa. Fino agli anni ’70, questa sostanza, veniva impiegata in numerose applicazioni industriali e non solo. Adesso si è scoperto che ha una incidenza nello sviluppo del morbo di Parkinson, una malattia grave che colpisce il cervello. A confermarlo è stato un nuovo studio pubblicato sul Journal of Parkinson’s Disease da parte di una prestigiosa equipe di ricercatori, tra cui i neurologi del Centro medico dell’Università di Rochester (USA) Ray Dorsey, Ruth Schneider e Karl Kieburtz.
Lo studio pubblicato su una nota rivista
Secondo questa ricerca la frequente (e inconsapevole) esposizione a questa sostanza chimica, avrebbe contribuito a far crescere i casi di Parkinson che negli ultimi anni sono aumentati in modo esponenziale. Lo studio in questione che è stato pubblicato sulla rivista Jama Neurology, ha pubblicato i dettagli di questo studio che ha passati al setaccio i dati sanitari di oltre trecentomila veterani di guerra statunitensi, una categoria che è risultata particolarmente esposta al morbo di Parkinson.
Di cosa si tratta
La trielina è un contaminante ambientale che, nonostante si conoscano gli effetti nocivi, continua ad essere presente in molti prodotti, come ha spiegato bene anche il Journal of Parkinson’s Disease. Col tricoloroetilene viene decaffeinato il caffè oppure vengono sgrassate le parti metalliche. Si possono anche lavare a secco i vestiti. Se penetra nel suolo e nelle acque sotterranee, questa sostanza impiega decenni per essere smaltita. Gli studiosi hanno stimato perfino un tempo di 40 anni che può intercorrere tra l’esposizione al solvente e l’esordio della malattia.
Cosa si è scoperto con la nuova ricerca
Le tante ricerche menzionate dagli studiosi hanno dimostrato come vi sia una correlazione tra l’esposizione alla trielina e lo sviluppo del morbo di Parkinson. E’ stata menzionata anche la triste vicenda che ha riguardato tre operai (poi ammalatisi di Parkinson) che lavoravano in impianti industriali e che sono stati esposti a questa sostanza per lungo tempo. Una ricerca condotta su 198 gemelli nel 2011, ha evidenziato come quelle coppie di gemelli che hanno avuto un’esposizione prolungata al tricloroetilene si sono ammalati di Parkinson con una frequenza cinque volte maggiore rispetto alla media. Restano ancora da chiarire alcuni elementi cruciali che potrebbero confermare o negarne la correlazione. Ad esempio, l’esposizione contemporanea a diverse sostanze chimiche tossiche, potrebbe aver falsato i risultati e fuorviato gli esiti delle ricerche. Ecco perchè serviranno ancora ulteriori studi per dimostrare la connessione tra l’esposizione a questa sostanza e il rischio di sviluppare la patologia.
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