Gli scienziati hanno inviato le istituzioni ad intraprendere campagne contro il Big Food e il veganismo
Secondo una ricerca pubblicata su The Lancet, gli alimenti vegani altamente trasformati (UHP) potrebbero aumentare il rischio di insufficienza cardiaca. Si tratta di una conclusione che inevitabilmente susciterà notevole clamore nel mondo della scienza e farà molto discutere i nutrizionisti di tutto il mondo. Secondo le conclusioni di questo studio pubblicato su una rivista scientifica, il veganismo non è salutare. È tempo che il governo e le sue agenzie sanitarie si oppongano al “Big Food” e alle campagne promozionali che vedono protagoniste celebrità che sostengono il veganismo, una dieta che può causare seri danni a livello fisico.
La tesi degli scienziati che hanno preso parte allo studio
Secondo gli scienziati che hanno portato avanti questa ricerca, i governi dovrebbero legiferare per etichettare correttamente tutti gli alimenti con le loro quantità di nutrimento disponibile: vale a dire, i nutrienti che il corpo umano è in grado di assorbire dal cibo. Sappiamo da tempo che questo assorbimento si ottiene meglio quando il cibo è intero o minimamente trasformato. Gli ingredienti a base di estratti di alimenti non hanno la stessa efficacia quando vengono trasformati in composizioni innaturali.
La ricerca che sfata il mito della dieta vegana salutare
Molti di noi credono che i produttori di alimenti UHP siano nella stessa posizione in cui si trovavano le aziende produttrici di tabacco negli anni ’60. Se così fosse, alcuni alimenti vegani dovrebbero contenere avvertenze sulla salute o addirittura essere vietati del tutto se contengono prodotti noti per avere una propensione ad aumentare il rischio di malattie cardiache. Questa ricerca, qualora i risultati venissero confermati anche in futuro, sfaterebbe il mito secondo cui i cibi vegani fanno bene. Ovviamente il riferimento non è ai cereali integrali, alla frutta, alle noci e alle verdure, che sono perfettamente salutari in una dieta equilibrata con carne, pesce, uova e latticini. Questi parametri sanitari sono particolarmente importanti quando si tratta di discussioni sul cambiamento climatico.
Gli studi sulle proteine complesse
I produttori di “latte” vegetale vegano si vantano del fatto che l’impronta di carbonio risulta essere inferiore rispetto al latte vaccino. Ma quando si misura la CO2 rispetto ai chili di proteine disponibili, il latte vaccino possiede un terzo dell’impronta di carbonio del “latte” di mandorle e un quarto di quella del “latte” di avena. Recenti studi hanno rivalutato l’importanza delle proteine altamente complesse presenti nel latte vaccino per la salute umana; le caseine, le proteine del siero di latte e le mucine. Finora, addirittura, ne sono state scoperte 4.654, contro le pochissime trovate nei “latti” vegetali.
Una migliore educazione nutrizionale e il passaggio dall’attuale legislazione assurda sull’etichettatura, che si concentra sulle calorie (irrilevanti) e sui macronutrienti grezzi come proteine, grassi (erroneamente demonizzati) e carboidrati (erroneamente elogiati), a una che fornisce informazioni sui micronutrienti. nutrienti come vitamine e minerali avrebbero benefici di vasta portata, non solo sotto l’aspetto salutistico, ma anche dal punto di vista culturale.
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