Il luppolo della birra contrasta i tumori
Tra le bevande più amate dagli italiani e non solo c’è sicuramente la birra. Da quest’ultima, però, possono arrivare anche importanti benefici in una battaglia che sulla carta non sembrerebbe riguardare la birra: vale a dire quella contro i tumori. Secondo uno studio realizzato dal dipartimento di Farmacia dell’Università di Pisa e coordinato da Armando Rossello, dal luppolo della birra possono arrivare dei benefici per contrastare i tumori.
Lo Xantumolo riduce la diffusione delle cellule tumorali
Lo studio in questione, basato sulle proprietà antiangiogeniche dello Xantumolo (Xn) – vale a dire un flavonoide presente nel luppolo e, dunque, nella birra – dimostrerebbe le sue proprietà benefiche. Secondo quanto rivelato dall’ateneo pisano – e riportato dall’Huffingtonpost.it – la ricerca avrebbe consentito di scoprire nuove piccole molecole che sarebbero in grado di ridurre la diffusione delle cellule tumorali.
Il composto naturale “affama” il tumore
Stando alla nota diffusa dall’Università, il composto naturale in questione va a ridurre l’angiogenesi, “affamando il tumore, fino ad inibire i meccanismi grazie ai quali le cellule tumorali riescono a procurarsi ossigeno, diffondendosi nell’organismo. Secondo quanto si legge sull’Huffingtonpost.it, inoltre, due dei nuovi derivati dello Xantumolo che sono stati brevettati riescono ad esercitare un’attività angiogenica addirittura superiore rispetto al suo principio naturale.
Quali sono le prospettive future?
Alessandro Rossello, coordinatore dello studio che è stato realizzato dal dipartimento di Farmacia dell’Università di Pisa – come riportato dall’Huffingtonpost.it – ha sottolineato come i risultati che sono stati raggiunti consentano di aprire la strada per lo sviluppo futuro su ampia scala di analoghi sintetici dello Xantumolo che potranno essere sperimentati come possibili agenti chemiopreventivi efficaci, in alternativa a quelli tradizionali.
I passi avanti ancora da compiere
Secondo quanto si legge sull’Huffingtonpost.it, Adriana Albini, direttrice del laboratorio di Biologia vascolare e angiogenesi di MultiMedica dell’Università dell’Insubra di Varese – che ha collaborato alla ricerca – ha sottolineato come il passo successivo dovrà essere quello di testare i più attivi derivati brevettati del luppolo, inserendoli in modelli cellulari complessi, con uno scopo ben preciso: vale a dire quello di individuare i principali interruttori molecolari che sono coinvolti nell’effetto anti-tumorale come bersagli da colpire sia per finalità legate a scopi terapeutici, sia per finalità legate alla prevenzione.
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