Long Covid, i disturbi presenti anche dopo il Coronavirus
Il Coronavirus fa paura non solo per l’infezione in se ma anche per tutti gli effetti a lungo termine. Esistono, infatti, disturbi che emergono o rimangono anche dopo la negativizzazione: è il cosiddetto Long Covid, una sindrome di cui si è parlato fin dall’inizio della pandemia. Secondo Giuliano De Carolis, presidente di Federdolore-Sicd, si prevede “un possibile aumento dei pazienti con dolore cronico, a causa dell’effetto post-Long Covid e di ricadute. Serve intervenire precocemente sul controllo dei sintomi dolorosi iniziali.
I dati
I numeri forniscono un’idea sul fenomeno: nel 2021 circa la metà dei pazienti che ha avuto l’infezione ha dovuto lottare contro i dolori muscolari; tra il 6 e il 21% ha sofferto di cefalee acute, tra il 2 e il 21% di dolore toracico, il 16% oculare, tra il 5 e il 17% mal di gola e il 12% dolore addominale. “Per fortuna abbiamo superato la fase critica in cui erano molto numerosi i pazienti che dichiaravano dolore dopo il contagio dal virus. Siamo ora preoccupati per un’ondata di effetti post-Long Covid e di una ricaduta soprattutto in quei pazienti che non vengono trattati in modo efficace e tempestico all’esordio dei primi sintomi”, spiega De Carolis.
Nuova emergenza dietro l’angolo?
Il timore è quello di trovare di fronte a una nuova emergenza post-Long Covid “che ci vedrà impegnati con due tipologie di pazienti: da un lato quelli che hanno dovuto fare i conti con un difficile accesso alle cure, dall’altro quelli che hanno sviluppato dolore cronico come conseguenza dell’infezione. Sono quelli che hanno manifestato un dolore cronico anche a distanza di mesi dalla risoluzione dell’infezione, che corrispondono circa al 4% dei pazienti Covid più gravi, cioè quelli ricoverati o addirittura intubati”.
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Così il virus colpisce diversi organi
Perché il Long Covid può colpire così tanti organi? Lo spiega Tommaso Bocci, ricercatore di uno studio nato dalla collaborazione tra neurologi, rianimatori e patologi del Centro di ricerca Aldo Ravelli dell’Università Statale di Milano pubblicato su Journal of Neurology: “La presenza del virus è stata documentata non solo nelle aree cerebrali di controllo del respiro, ma è stato rilevato il suo percorso tra polmone e cervello lungo il nervo vago che controlla diverse funzioni corporee”. Come dichiarato da Emanuele Piraccini, Terapista del dolore dell’Ospedale Bellaria Ausl Bologna, “ci sono tre vie che il virus può usare per provocare il dolore: quella diretta, quella mediata dall’infiammazione o come conseguenza del protrarsi della malattia”.
Classe '93, napoletano di nascita, interista di fede. Scrivo sul web da quando avevo 16 anni: prima per hobby, poi per lavoro. Curioso di natura, amo le sfide (soprattutto vincerle). Mi affascinano il mondo dell'informazione e quello della comunicazione.