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Non sempre livelli alti di colesterolo cattivo sono indice di rischio per il cuore: i risultati di uno studio

Lo studio americano pubblicato su International Journal of Medicine ha sfatato un falso mito sul colesterolo cattivo

Non sempre livelli alti di colesterolo cattivo sono indice di rischio per il cuore: i risultati di uno studio
Colesterolo alto, non sempre è indice di rischi per il cuore (Foto: Pixabay)

Livelli elevati di LDL non sempre indicano possibili rischi al cuore: i risultati di una ricerca americana

Una nuova ricerca proveniente dagli Usa ha dimostrato che non sempre il colesterolo cattivo può danneggiare le arterie. Lo studio proviente dalla Ohio University è stato pubblicato sull’International Journal of Nanomedicine ed ha dimostrato come una particolare sottoclasse di lipoproteine a bassa densità (LDL), noto per essere il “colesterolo cattivo”, è un predittore di potenziali attacchi di cuore.

Tre persone su quattro sofferenti di cuore non hanno livelli elevati di LDL

La presenza di una quantità eccessiva di LDL nel sangue è da sempre stata considerata un indicatore del potenziale rischio di infarti o malattie coronariche, ma studi hanno dimostrato che circa il 75% dei pazienti che soffrono di attacchi di cuore non evidenzia livelli elevati di colesterolo cattivo . Una ricerca dell’Università dell’Ohio, guidata dal dott. Tadeusz Malinski e dal ricercatore dott. Jiangzhou Hua, ha dimostrato come delle tre sottoclassi che compongono LDL, solo una causa un danno significativo.

Le parole di Malinski

I nostri studi – ha spiegato Malinski – possono spiegare perché una correlazione del colesterolo” cattivo “totale con un rischio di infarto è scarsa e pericolosamente fuorviante ed è errata tre volte su quattro. Queste linee guida nazionali possono sottovalutare seriamente gli effetti nocivi del colesterolo LDL, specialmente nei casi in cui il contenuto della sottoclasse B nel LDL totale è elevato (50% o superiore).”

Come è stato condotto lo studio

Il team di Malinski ha usato i nanosensori per misurare la concentrazione di ossido nitrico e perossinitrito nell’endotelio stimolato da sottoclassi di LDL e ha riportato i risultati sull’attuale numero dell’International Journal of Nanomedicine. La sottoclasse B di LDL è risultata essere la più dannosa per la funzione endoteliale e in grado di contribuire allo sviluppo dell’aterosclerosi. Pertanto, non è la quantità totale di colesterolo LDL che si ha, ma piuttosto la concentrazione della sottoclasse B nelle altre due, sottoclasse A e sottoclasse I, che dovrebbe essere utilizzata per diagnosticare l’aterosclerosi e il rischio di infarto.

In futuro si potranno avere diagnosi più precise

Questa scoperta potrà rendere in futuro più precise le diagnosi valutando correttamente i tassi di rischio delle malattie cardiovascolari. Una analisi che miscela le sottoclassi di LDL può fornire solo un’indicazione del rischio ma non è attendibile al 100%.

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Marco Antonio Tringali

Coltivo da anni la passione per la scrittura e per i social network. La ricerca della verità, purchè animata da onestà intellettuale, è una delle mie sfide. Scrivo da diversi anni per importanti siti di informazione che mi danno l'opportunità di dare sfogo alla mia passione innata per il giornalismo.

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