Regione Veneto, Zaia intercettato mentre attacca Crisanti: "Stiamo per portarlo allo schianto...". Le rivelazioni di Report
Il modello Veneto per contenere i contagi fallì clamorosamente a causa dei tamponi rapidi che si rivelarono poco attendibili: ecco l'intercettazione diffusa da Report
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La clamorosa intercettazione svelata da Report ripropone la vecchia questione dell'utilità dei tamponi rapidi e della strategia che venne adottata dalla Regione Veneto
Un servizio andato in onda su Report, la popolare trasmissione di inchiesta di Rai Tre, ha svelato il contenuto di alcune conversazioni che hanno palesato una sorta di “faida” in atto tra il governatore del Veneto, Luca Zaia e l'epidemiologo dell'Università di Padova, Andrea Crisanti. Nel corso di una intercettazione, Zaia aveva attaccato duramente il professor Crisanti soprattutto sul versante dei cosiddetti “tamponi rapidi”: “Sono qua a rompermi i coglioni da sedici mesi – ha sbottato Zaia parlando con il suo interlocutore intercettato – stiamo per portarlo allo schianto e voi andate a concordare la lettera per togliere le castagne dal fuoco al Senato accademico, per sistemare Crisanti!".
La strategia mirata del governatore Zaia
Pare che il governatore del Veneto stesse portando avanti una strategia mirata a screditare Crisanti, e il suo studio dell'ottobre 2020 contro l'efficacia dei test rapidi acquistati dal Veneto e da altre cinque regioni. Per l'acquisto dei tamponi rapidi erano stati investiti dalle regioni circa 148 milioni di euro. A svelare questo retroscena è stato un servizio per Report curato da Danilo Procaccianti, sul quale Zaia ha preferito glissare evitando di rilasciare dichiarazioni.
Lo studio pubblicato da Crisanti
Lo studio di Crisanti (pubblicato anche sulla prestigiosa rivista scientifica Nature) aveva svelato che i test rapidi erano efficaci solo nel 70% dei casi (e non nel 90% come era stato preannunciato) e quindi non potevano essere utilizzati come screening. Una conclusione che di fatto smentiva e screditava l'operato della Regione Veneto che invece aveva investito massicciamente per acquistarli per testare la popolazione. Proprio il ricorso frequente ai tamponi rapidi era stato alla base del fallimento del modello Veneto, che nella seconda ondata di contagi registrò 1.600 morti più rispetto alla media nazionale. CONTINUA A LEGGERE..
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L'inchiesta della magistratura
La magistratura decise di indagare proprio per accertare se l'elevata mortalità in Veneto potesse essere stata causata anche dall'aver fatto ricorso agli antigenici negli ospedali e nelle Rsa per anziani. Dall'inchiesta emerse che Roberto Rigoli, direttore della microbiologia di Treviso incaricato di confermare l'idoneità clinico-scientifica dei tamponi, non fece correttamente il proprio lavoro e per questo la procura ha chiesto il rinvio a giudizio sia per Rigoli, definito da Zaia “l'Elon Musk del Veneto", che per Patrizia Simionato, direttrice generale pro tempore di Azienda Zero, la centrale regionale per gli acquisti. Il rinvio a giudizio non è ancora arrivato perchè la magistratura non ha ancora emesso il verdetto.
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