
Il tumore alle ovaie, un killer silenzioso
Il tumore alle ovaie viene chiamato killer silenzioso perché viene scoperto quasi sempre per caso e spesso in uno stadio già avanzato. Non è possibile infatti fare una diagnosi precoce. Quattro donne su dieci non lo conoscono. Si tratta del sesto tumore più frequente nella popolazione femminile e a più alta mortalità come riporta Repubblica.it.
Nel mondo 184mila decessi all’anno
Ongi anno nel mondo a 295 mila donne viene diagnosticato questo tipo di tumore e si contano 184mila decessi, 760 mila donne convivono con la malattia. Una grande differenza la fa la diagnosi precoce, impossibile nel tumore ovarico. Nicoletta Colombo, Direttore Unità Ginecologia Oncologica Medica dell’Istituto Europeo di Oncologia di Milano e a capo del comitato scientifico di Acto spiega che ‘Ogni tentativo di screening ha fallito completamente‘. Il tumore al seno colpisce 52mila italiane ogni anno, ma ha una sopravvivenza a 5 anni dell’87%. Nicoletta Cerana, presidente di Acto, spiega al Corriere.it che ‘In caso di diagnosi tardiva, meno del 40 per cento delle pazienti è vivo a 5 anni dalla diagnosi, contro l’80 per cento di sopravvivenza per tumore al seno‘
Sintomi silenziosi
Le donne hanno una scarsa conoscenza di questa malattia e dei suoi sintomi. Lo rivela uno studio internazionale Every Woman condotto nel 2018 dalla World Ovarian Coalition su un campione di 1.531 pazienti di 44 Paesi. Si pensi non avevano mai sentito parlare della malattia prima della diagnosi quasi 7 su 10. 9 su 10 avevano atteso più di sei mesi prima di rivolgersi a un medico poiché non avevano riconosciuto i sintomi della malattia. Il 62,3% delle pazienti italiane ha ricevuto una diagnosi a un mese dalla prima visita contro una media mondiale pari al 43,2%. I sintomi più frequenti del tumore alle ovaie non si distinguono in maniera netta: sensazione di sazietà anche a stomaco vuoto, gonfiore persistente all’addome, fitte addominali, bisogno frequente di urinare, perdite ematiche vaginali, stitichezza o diarrea.
Test per la mutazione Brca
Nel mondo solo il 54,7% delle intervistate è stata sottoposta al test genetico Brca, contro il 65,2% delle italiane, prima o dopo la diagnosi, e il 58,7% ha segnalato la presenza di una mutazione. La Colombo spiega a Repubblica.it che “Oggi le linee guida indicano che il test per la mutazione Brca va eseguito in tutte le donne con tumore ovarico e, se positivo, esteso ai familiari sani”. Attualmente si stima che solo il 10% dei tumori ovarici siano di origine genetico-ereditaria: gli altri sono spontanei e possono colpire tutte le donne.
C’è poca informazione
Il 94,2% delle donne intervistate ha effettuato l’intervento chirurgico: il 9,6% ha affrontato un secondo intervento per una recidiva e il 9,8% è stata sottoposta a chemioterapia intraperitoneale. Solo il 12,4% delle intervistate è stata coinvolta in una sperimentazione. Lo studio lamenta la mancanza di un’adeguata informazione. Il 34,7% delle pazienti italiane ha dichiarato di essere riuscita a trovare tutte le informazioni di cui aveva bisogno rispetto alla media mondiale del 19,7%.
Poco aiuto psicologico
Il supporto psicologico professionale è stato offerto solo al 28%. La maggioranza delle pazienti però ha trovato sostegno in famiglia (69,5%), tra gli amici (62,3%) e da altre pazienti (40,3%). Questo è un altro punto su cui gli scienziati insistono, perché molto importante per affrontare la malattia.
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