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Un nuovo trattamento potrebbe risolvere definitivamente il problema del diabete di tipo 1

Dopo il trapianto di cellule delle isole pancreatiche che producono insulina, le cellule canaglia si mobilitano sull'innesto per la distruzione, ma vengono eliminate da una proteina

Un nuovo trattamento potrebbe risolvere definitivamente il problema del diabete di tipo 1
Diabete - Foto Pixabay

Grazie ad un nuovo trattamento basato sul trapianto le possibilità di successo aumenterebbero notevolmente

La diagnosi di diabete di tipo 1 oggi significa dover fare a vita delle iniezioni di insulina per poter sopravvivere. Ogni svolta che promette una cura per il diabete ha incontrato ostacoli significativi, rendendola non praticabile per la stragrande maggioranza delle persone. Ma una equipe di scienziati negli Stati Uniti ha migliorato un tipo di trattamento basato sul trapianto, dando potenzialmente speranza ai 9 milioni di persone in tutto il mondo che soffrono di questa patologia.

Le valutazioni degli esperti

“Il sistema immunitario è un meccanismo di difesa strettamente controllato che garantisce il benessere degli individui in un ambiente pieno di infezioni” sono state le parole espresse dall’immunologo Haval Shirwan dell’Università del Missouri. “Il diabete di tipo 1 – prosegue Shirwan – si sviluppa quando il sistema immunitario identifica erroneamente le cellule produttrici di insulina nel pancreas come infezioni e le distrugge”.Queste cellule che producono insulina sono raggruppate in gruppi chiamati isole pancreatiche, che finiscono per essere distrutte dalle cellule immunitarie malfunzionanti del corpo. Il trapianto di cellule insulari o un trapianto di un intero pancreas può rappresentare una delle soluzioni per sconfiggere la malattia. Tuttavia, questi non sono privi di rischi; le persone che ricevono un trapianto devono anche assumere farmaci immunosoppressori per garantire che le cellule immunitarie canaglia non distruggano anche il nuovo tessuto. “I riceventi dell’innesto di isole – spiegano gli scienziati – devono essere immunosoppressi per il resto della loro vita con agenti che non solo sono tossici per il ricevente e le cellule β dell’innesto, ma possono anche indurre insulino-resistenza periferica”.

Come si è svolto lo studio

In uno studio preclinico su scimmie cynomolgus (conosciute anche come macachi mangiatori di granchi) il team ha avuto un successo incredibile trapiantando sulla sua superficie isole combinate con un microgel contenente FasL, una proteina coinvolta nella morte cellulare. “Un tipo di apoptosi si verifica quando una molecola chiamata FasL interagisce con un’altra molecola chiamata Fas su cellule immunitarie canaglia e le fa morire” ha spiegato Esma Yolcu, immunologo dell’Università del Missouri. La nuova tecnologia sperimentata dall’equipe di scienziati ha consentito la produzione di una nuova forma di FasL e la sua presentazione su cellule di isole pancreatiche trapiantate o microgel per prevenire il rigetto delle cellule canaglia. In pratica dopo il trapianto di cellule delle isole pancreatiche che producono insulina, le cellule canaglia si mobilitano sull’innesto per la distruzione, ma vengono eliminate da FasL, coinvolgendo Fas sulla loro superficie. Inoltre anzichè trapiantare le cellule nel fegato (come avviene attualmente), i ricercatori hanno formato una piccola sacca nell’omento, un grande strato piatto di tessuto adiposo collocato sotto lo stomaco. “A differenza del fegato – ha spiegato la ricercatrice Ji Lei del Massachusetts General Hospital – l’omento è un organo non vitale, che ne consente la rimozione in caso di complicazioni indesiderate”. Secondo la ricercatice che ha guidato lo studio, l’omento rappresenterebbe un luogo più sicuro per i trapianti e per il trattamento del diabete rivelandosi anche adeguato per le cellule beta derivate da cellule staminali e cellule bioingegnerizzate. CONTINUA A LEGGERE…

Cosa accade con il nuovo approccio terapeutico

Il nuovo approccio, in base a quanto dichiarato dai ricercatori, permetterà ai trapiantati di sopravvivere e controllare il diabete per molto più di sei mesi senza dover ricorrere ai farmaci anti-rigetto. Questo avverrebbe perchè la rimozione chirurgica del tessuto trapiantato ha dimostrato come tutti gli animali sottoposti al trattamento sono tornati subito allo stato diabetico. Sebbene stia iniziando la pianificazione di una sperimentazione clinica sull’uomo, c’è ancora molta strada da fare prima che questo sia qualcosa che un paziente con diabete di tipo 1 potrebbe effettivamente aspettarsi di ricevere.

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Marco Antonio Tringali

Coltivo da anni la passione per la scrittura e per i social network. La ricerca della verità, purchè animata da onestà intellettuale, è una delle mie sfide. Scrivo da diversi anni per importanti siti di informazione che mi danno l'opportunità di dare sfogo alla mia passione innata per il giornalismo.

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