Variante Eris, ecco quali medicinali assumere e quali evitare dopo i primi sintomi
I contagi Covid sono aumentati a causa della variante Eris. Molte persone sono chiuse in casa alle prese con i sintomi, i medici di base confermano la diffusione veloce del virus. Grazie alla protezione vaccinale, la situazione in ambito ospedaliero non suscita forti preoccupazioni, ma l’attenzione è alta. Nel frattempo, si lavora nelle regioni per la nuova campagna di vaccinazione al via da ottobre. E’ q1anto riporta Il Messaggero che riferisce anche quali medicinali assumere e quali evitare dopo i primi sintomi dovuti alla variante Eris.
I farmaci da assumere per i primi sintomi
Dopo l’inizio dei primi sintomi e la conferma di un tampone positivo si deve informare il medico di base per sapere come gestire la malattia. Il farmaco suggerito dal Ministero per chi presenta una leggera sintomatologia (febbre, malessere, dolori articolari e muscolari) è sempre il paracetamolo. In alternativa possono essere assunti i farmaci FANS (aspirina, ibuprofene). In ogni caso è sconsigliato il fai-da-te.
Non utilizzare questi farmaci
Gli antibiotici non vanno utilizzati, a meno che i sintomi persistano oltre le 48-72 ore e il medico sospetti la presenza di una sovrapposizione batterica al Covid-19. Idrossiclorochina e clorochina sono farmaci non efficaci nel trattamento del Covid, anzi, possono provocare effetti collaterali.
Corticosteroidi e antivirali
Le linee guida Aifa raccomandano l’uso dei corticosteroidi solo nei soggetti ospedalizzati con malattia Covid-19 grave che necessitano di supplementazione di ossigeno. Invece, nella fase iniziale della malattia l’utilizzo del cortisone potrebbe avere un impatto negativo sulla risposta immunitaria sviluppata. È importante ricordare che in molti soggetti con malattie croniche l’utilizzo del cortisone può determinare importanti eventi avversi. Di recente, sono stati resi disponibili tre antivirali (remdesivir, nirmatrelvir/ritonavir e molnupiravir) per il trattamento di soggetti adulti con COVID-19 che non necessitano di ossigenoterapia supplementare e che sono a maggior rischio di progressione verso forme severe di COVID-19.
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