
I livelli si sarebbero abbassati ancora di più negli ultimi anni mettendo a rischio gli ecosistemi
Una nuova ricerca scientifica pubblicata su Science Advances avrebbe alzato il velo su un fenomeno molto preoccupante, vale a dire il drastico calo di ossigeno nei laghi della Terra. Una tendenza ormai acclarata che riguarda anche fiumi e nei mari. Ciò che preoccupa di pù gli scienziati è che alcuni laghi stanno perdendo ossigeno fino a nove volte più velocemente degli oceani. Lo studio avrebbe evidenziato come, tra il 1980 e il 2017, il calo registrato sia stato del 5,5 percento nelle acque superficiali e del 18,6 percento in quelle profonde.
Come è stato condotto lo studio
Per effettuare questi studi, Yibo Zhang, il geografo della Chinese Academy of Sciences (CAS) ha impiegat immagini satellitari, insieme a dati geografici e climatici, per ricostruire gli eventi che hanno portato a queste perdite di ossigeno. E’ stato passato al setaccio un campione enorme di laghi scoprendo come l’80 percento dei 15.535 laghi esaminati abbia visto ridurre considerevolmente i livelli di ossigeno negli ultimi anni. Un fenomeno caratterizzato soprattutto dalle ondate di calore che hanno il potere di ridurre la capacità dell’ossigeno di dissolversi nell’acqua.
Cosa si è scoperto
Zhang e il team hanno calcolato che le ondate di calore hanno contribuito al 7,7 percento della perdita di ossigeno osservata, attraverso rapide e sostanziali fluttuazioni nella solubilità in acqua dell’ossigeno. Una percentuale di responsabilità viene anche attribuita alle fioriture algali esacerbate dalle condizioni di riscaldamento, nonché dall’aumento di nutrienti, tra cui deflusso di fertilizzanti e letame di bestiame, che hanno accesso ai nostri corsi d’acqua. Perdurando questo stato di cose, secondo i ricercatori, si potrebbero registrare valori fino al 9 percento di ossigeno in meno entro la fine del secolo se le cose non dovessero cambiare dal punto di vista climatico.
I danni all’ecosistema
Va ricordato che il calo dell’ossigeno disciolto può danneggiare seriamente questi ecosistemi, creando “zone morte” troppo soffocanti per essere tollerate dalla fauna selvatica. I bruschi cali causano una moria di massa della fauna selvatica. Non è un caso che alcune specie come le anguille in Nuova Zelanda, il merluzzo di Murray in Australia e numerose specie di pesci e cozze in Polonia e Germania si siano ridotte in maniera drastica. Questo studio ha dimostrato ancora una volta quanto sia diventata improcrastinabile la necessità di mitigare il riscaldamento globale e di ridurre soprattutto i rifiuti agricoli che finiscono nei nostri corsi d’acqua.
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