Stonehenge, realizzate importanti scoperte
Da tempo si sa che le famose “pietre blu” del celebre monumento preistorico Stonehenge arrivano dalle Colline Preseli nel Pembrokeshire, una contea del Galles sudoccidentale. Da poco tempo, però – secondo quanto riportato da “Scienza.fanpage.it” – sono state individuate le cave esatte, oltre agli strumenti utilizzati per l’estrazione e al metodo di trasporto. A tutto ciò, inoltre, si è aggiunto un chiarimento definitivo per quanto concerne la datazione.
Stonehenge, studio condotto da un team di ricercatori britannici
Le ultime scoperte realizzate sul monumento preistorico Stonehenge, dunque, hanno svelato alcuni dei misteri relativi al cerchio di pietre che si trova sulla piana di Salisbury. A realizzare queste importanti scoperte – al termine di un periodo di studi durato un decennio – è stato un team di ricercatori britannico, composto da archeologi dell’University College di Londra, dell’Università Bournemouth, dell’Università di Southampton, dell’Università Highlands and Islands, oltre a membri del Museo Nazionale del Galles.
Stonehenge, individuato il sito d’estrazione
I ricercatori, coordinati dal professor Mike Parker Pearson, hanno individuato il sito di estrazione delle pietre blu, le cosiddette “bluestones”, nelle cave di Carn Goedog e Craig-Rhos-y-felin che si trovano a nord delle Colline Preseli a circa 230 km di distanza da Stonehenge. Dopo averle staccate dalla cave – secondo quanto riportato da “Scienza.fanpage.it” – con ogni probabilità le pietre venivano portate al monumento, passando via terra e non per mare.
Stonehenge, quali sono state le tecniche di estrazione
A questo punto non si può fare a meno di chiedersi come hanno fatto degli uomini preistorici ad estrarre delle pietre così grandi da una cava. La risposta a questa domanda è arrivata direttamente da Pearson e dal suo gruppo di ricercatori che hanno svelato l’ingegnosa tecnica utilizzata per l’estrazione delle pietre blu. Per riuscirci, infatti, gli uomini preistorici avrebbero inserito dei pali di legno nelle insenature, attendendo che la pioggia li andasse a gonfiare fino a determinare la spaccatura della roccia. A quel punto, dunque, i megaliti pronti sarebbero stati sganciati attraverso funi, tiranti e piattaforme. A risultare particolarmente interessante, inoltre, è la questione relativa alla datazione: l’estrazione in queste “cave”, infatti, avvenne tra il 3.400 ed il 3.200 avanti Cristo. Secondo i ricercatori, però, Stonehenge fu realizzato non prima del 2.900 avanti Cristo. Traducendo questi numeri, dunque, gli uomini preistorici avrebbero impiegato circa 4/5 secoli per percorrere “solo” 230 chilometri: decisamente troppi anche per l’epoca. Per questo motivo, quindi, si ritiene che potesse esistere anche un altro monumento simile a Stonehenge, proprio nell’area adiacente alle colline Perseli. Solo successivamente sarebbe stato smontato e trasferito dove si trova oggi, vale a dire sulla piana di Salsbury.
Stonehenge, oggi restano 43 bluestones
In origine, secondo quanto si legge su “Scienza.fanpage.it“, Stoneghenge presentava 80 bluestones, mentre oggi se ne possono contare solo 43. Le pietre blu andavano a formare una struttura a ferro di cavallo interna, con un cerchio esterno che a sua volta abbracciava i cosiddetti “sarsen”, ossia i monoliti più grandi. Secondo dei recenti studi britannici, alcuni di essi si trovavano già in quel luogo e, dunque, non sarebbero stati trasportati da altre zone.
Laureato in Scienze Politiche e giornalista pubblicista, fin dai primi anni di liceo ho sempre coltivato la passione per la scrittura. Mi sono sempre occupato di scrivere notizie relative a tutto ciò che riguarda l'attualità. Esperto nel settore relativo alla salute e in quello scientifico-tecnologico, appassionato di cronaca meteo, geofisica e terremoti.