Ecco cosa è emerso dallo studio denominato “Tracking the 2007–2023 magma-driven unrest at Campi Flegrei caldera (Italy)“
Secondo un recente studio che è stato pubblicato su Nature, la caldera dei Campi Flegrei starebbe accumulando magma a profondità superficiali. Negli ultimi 16, secondo quanto si apprende dallo studio in questione, il magma sarebbe arrivato ormai nei pressi del sistema idrotermale, contribuendo ad incrementare l’attività bradisismica dei Campi Flegrei, il cui sottosuolo nel corso degli anni si è sollevato di un metro e mezzo dal 2006 ad oggi, in base alle recenti rilevazioni effettuate dalla stazione al Rione Terra di Pozzuoli.
Gli autori dello studio
Si tratta di una delle caldere tra le più grandi che esistono nel Vecchio Continente, anche se al momento non vi sarebbero dei segnali che dimostrerebbero l’imminenza di una eruzione importante. Lo studio denominato “Tracking the 2007–2023 magma-driven unrest at Campi Flegrei caldera (Italy)“, è stato pubblicato da Nature e porta la firma di illustri vulcanologi tra i quali anche Ana Astort, Elisa Trasatti, Luca Caricchi, Marco Polcari, Prospero De Martino, Valerio Acocella e Mauro Di Vito.
La sorgente di deformazione sarebbe molto superficiale
Secondo i risultati di questo studio, la nuova fase bradisismica che ha riguardato l’intera area dei Campi Flegrei, sarebbe riconducibile proprio all’ascesa del magma che avrebbe raggiunto una profondità inferiore agli 8 chilometri. Addirittura la sorgente di deformazione si troverebbe solo a 4 chilometri circa di profondità. L’ascesa di materiale magmatico avrebbe contribuito all’incremento dei fenomeni di emissione di gas, soprattutto nella zona della Solfatara.
I rischi in proiezione futura
Anche se al momento l’ipotesi di una forte eruzione è da scartare per l’assenza di segnali in tal senso, è anche vero che il futuro accumulo di magma potrebbe far aumentare la pressione nel sottosuolo causando ulteriori spaccature e un progressivo sollevamento del suolo. Secondo Mauro Antonio Di Vito, Direttore dell’Osservatorio Vesuviano dell’INGV e coautore dello studio, al momento non vi sono certezze sulla presenza di magma a circa 4 km di profondità ma “lo studio stabilisce per la prima volta che il magma, in risalita dagli 8 km, è il motore principale dell’attività in corso ai Campi Flegrei”.
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