La crosta dei Campi Flegrei si sta indebolendo, si rischia un’eruzione imminente? Cosa dicono gli esperti
Negli ultimi mesi l’attività sismica sulla zona dei Campi Flegrei si è intensificata con lunghe fasi caratterizzate da episodi di bradisismo e da eventi sismici che hanno seminato il panico nel golfo di Pozzuoli e non solo. Secondo un recente studio effettuato dai ricercatori dell’Osservatorio Vesuviano (INGV-OV) in collaborazione con l’University College London (UCL). L’area dei Campi Flegrei è molto attiva dal punto di vista sismico da almeno 80 mila anni. Nel corso dei secoli il suolo si è sollevato sempre di più. In particolar modo si sono verificate due crisi bradisimiche negli anni 1969-72 e 1982-84 in cui si verificarono molte sequenze sismiche che misero in allarme la popolazione.
I dati dell’Osservatorio Vesuviano
Secondo i dati recenti dell’Osservatorio Vesuviano dell’INGV, da novembre 2005 il suolo su sarebbe sollevato di oltre un metro (esattamente 109 cm) di cui circa 76 cm da gennaio 2016. La recente ricerca dell’Osservatorio ha evidenziato come la crosta della caldera di questa zona vulcanica campana si sia indebolita con ripetuti rialzamenti del suolo. Dallo studio sarebbe anche emerso il dato inequivocabile secondo il quale, i Campi Flegrei sarebbero ormai vicini alla fase di rottura. Secondo l’esperto Christopher Kilburn, autore principale di questo studio, la rottura non vuol dire necessariamente che si verificherà un’eruzione, ma potrebbe aprirsi ben presto una crepa attraverso la crosta. Affinchè si possa verificare un’eruzione occorre che il magma venga spinto verso l’alto e non è detto che questo stia avvenendo.
Perchè si teme che la crosta si sia indebolita
Secondo il modello che riproduce la dinamica con cui le rocce si stanno rompendo, si è evidenziato come il livello del suolo oggi sia superiore di oltre 10 cm a quello raggiunto durante la crisi bradisismica del 1984. Il livello di sforzo sarebbe però inferiore rispetto a quello del 1984 e questo potrebbe indurre a pensare che siano avvenute delle modifiche dello stato fisico della crosta. Un dato che va tenuto in considerazione per studiare le possibili evoluzioni future nella fase di fratturazione delle rocce. Secondo gli esperti, una possibile eruzione potrebbe essere “annunciata” da segnali abbastanza deboli. CONTINUA A LEGGERE…
Le similitudini con la caldera di Rabaul
In ogni caso, la maggiore debolezza della crosta terrestre potrebbe consentire al magma di fuoriuscire più facilmente dalle rocce, trovando più facilmente la strada per emergere in superficie. Di conseguenza, un’eruzione magmatica potrebbe essere preceduta da segnali precursori più deboli rispetto a quelli del passato, compresa anche una minore fessurazione delle rocce. Una dinamica che somiglia molto a quello della caldera di Rabaul, in Papua Nuova Guinea, quando la forte eruzione del 1994 fu preceduta da eventi vulcano-tettonic di portata dieci volte inferiori a quelli registrati durante una crisi sismica di due anni nel decennio precedente. Al momento, però, è impossibile prevedere una eruzione e non vi sono segnali evidenti che farebbero preludere ad un’eruzione imminente.
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