
E’ dal giorno del terremoto che a Castelluccio di Norcia non si possono raggiungere i campi di lenticchie. A rischio fioritura e produzione

E’ dal giorno del terremoto che a Castelluccio di Norcia non si possono raggiungere i campi di lenticchie. A rischio fioritura e produzione
Terremoto Norcia, il sogno di molti: la fioritura delle lenticchie
Dopo il terribile terremoto dello scorso Ottobre, molti coltivatori di lenticchie tra Norcia e dintorni, non sono più tornati sugli Appennini per prendersi cura delle loro piantagioni di questo legume che è famoso in tutto il mondo e che ogni anno, soprattutto durante il periodo della fioritura, attrae circa 250mila turisti. E’ uno spettacolo assolutamente naturale e che, da queste parti, non vogliono perdere, nonostante tutto, nonostante il dramma del sisma.
Le lenticchie di Castelluccio di Norcia, così come altri prodotti tipici della Regione Umbria, si candidano a diventare l’icona della rinascita post-terremoto, il simbolo di una speranza per la ricostruzione totale dell’intera area colpita dal violentissimo sisma del 30 Ottobre 2016. Senza dimenticarsi, poi, dell’aspetto prettamente economico. Infatti, il settore dopo la scossa è ovviamente in crisi e si rischia oltre alla fioritura, di perdere anche la produzione per l’intera annata e forse anche per quelle successive, con un prodotto che da solo potrebbe trainare gran parte dell’intero settore agroalimentare locale.
Purtroppo, dopo il terremoto, però, le strade di Norcia sono diventate impraticabili e si stanno studiando soluzioni alternative per raggiungere i campi di lenticchie e poter avviare qualche raccolto. “Nei prossimi giorni, in maniera straordinaria e sotto stretta vigilanza dell’Anas, dovrebbe riaprire il traforo San Benedetto di Forche Canapine e consentire il passaggio di un convoglio scortato di mezzi privati e mezzi dell’esercito per trasporto di sementi e macchine agricole come le seminatrici”, questo fa sapere la Coldiretti Umbria. C’è da dire che la semina e la raccolta richiedono anche un impegno di due mesi. Potrebbero, quindi, essere anche costruite delle unità abitative in loco per evitare che i coltivatori vadano su e giù dall’altopiano.
A cura di Angelo Maria Castaldo